Evoluzione personale e TaijiQuan, i principi dell’arte marziale nel lavoro su di sè

Proponendovi oggi una riflessione sul significato attuale di una disciplina profonda e vasta come il Tai Ji Quan parto da una costatazione di fatto, certamente resa più evidente dalla mia professione di medico: la microconflittualità interna a noi stessi  e nelle nostre relazioni interpersonali, spesso inconscia, è di gran lunga statisticamente più frequente degli eventi critici che implicano un rischio immediato per la nostra incolumità fisica. 

Tradizionalmente il conflitto psicologico è stato affidato al territorio delle differenti forme di psicoterapia mentre quello della difesa personale fisica al territorio delle discipline di combattimento; oggi forse possiamo pensare alla “Difesa Personale” come ad un processo di evoluzione guidata verso una capacità di gestione dei conflitti più intelligente ed energeticamente proficua, nel quale il Tai Ji Quan potrebbe mostrarsi ricco di risorse e capace di fornire stimoli interessanti a chi a vario titolo (medici, psicoterapeuti, ecc.) è impegnato nelle relazioni di aiuto.

 Nelle società tradizionali alla figura del Guerriero era in effetti affidata la protezione e difesa del “corpo sociale” e di quelle regole del “Giusto” che non erano e non sono mai riconducibili all’ideologia e alla politica, ma a quelle “Leggi di Natura” che ogni individuo può, e dovrebbe, ritrovare attraverso l’ascolto profondo di sé.

 

Conflitti, forze e territorio corporeo

Colui che amministra il regno con lo stesso amore che porta alla propria persona è degno della piena fiducia” (Dao De Jing, XIII)

In questo grande classico “la propria persona” è indicato con lo stesso ideogramma che significa “Corpo” a dimostrazione di quanto nella cultura tradizionale taoista la coltivazione del corpo, della personalità e del mondo circostante fossero considerate una cosa sola.

 

L’applicabilità dei principi marziali alla risoluzione dei conflitti psicologici nasce dal fatto che pensieri, emozioni e immagini mentali, siano essi consci o inconsci, agiscono come vere e proprie forze che si muovono nel territorio corpo-mente modificandone lo stato in modo rilevante.  Si tratta in altri termini di esplorare e imparare ad usare efficacemente la “fisicità dei fenomeni emozionali” imparando a condurre i conflitti a risoluzione secondo la linea di minore resistenza e con il massimo guadagno energetico e qualitativo da parte del sistema bipersonale costituito dalle due persone coinvolte, favorendo il passaggio del sistema stesso ad una condizione più “ordinata” e funzionale;  in effetti terapeuta e paziente, così come il praticante e il suo partner,  sono entrambi portatori di propri conflitti personali, e la loro relazione crea un terzo ordine di conflitti la cui risoluzione implica la messa in gioco delle dinamiche individuali di ciascuno.

Dal punto di vista didattico, la presenza del corpo quale strumento privilegiato di lavoro consente di amplificare e rendere manifesti i modelli reazionali bio-psicologici che intendiamo ristrutturare, grazie al fatto che l’attivazione di tali modelli genera sempre specifiche risposte fisiologiche sperimentabili in tempo reale dalla nostra coscienza, purchè essa sia allenata ad ascoltare nel modo giusto e nel momento giusto (timing). Moshe Feldenkrais, che fu esperto di Judo prima di fondare il proprio sistema terapeutico, disse che “Districare le motivazioni contraddittorie una volta che si riconosce la sensazione che corrisponde loro nel proprio corpo è più facile che non attraverso l’analisi verbale”

Da questo punto di vista anche l’artista marziale può cadere vittima della “sindrome da corpo estraneo”, quando esso diviene oggetto estetico da esibire con orgoglio, oppure quando, opportunamente allenato e rinforzato, diviene strumento di affermazione di potenza nel mondo.

 

Tui Shou, imparare a dirigere e integrare consapevolmente le forze che attraversano il corpo-mente

La struttura didattica del Tai Ji Quan ci offre un “teatro operativo” ideale per questo tipo di lavoro su di sé, si tratta della pratica a due (Tui shou), nella quale viene specificamente richiesto al nostro partner (e a noi nei suoi confronti) di mettere  in discussione il nostro equilibrio, la nostra stabilità, la nostra centratura. Quando ciò avviene (anche nelle forme più “morbide” e strutturate di pratica, e forse addirittura maggiormente in queste), la parte più profonda di noi si sente aggredita o minacciata nella propria integrità, ha Paura e tende a innescare reazioni che sono più istintive (quand’anche ben sostenute da competenza tecnica) che intelligenti, e tutto ciò avviene per gran parte a livello inconscio e molto prima che la nostra coscienza ne sia anche vagamente consapevole.

Quando ciò accade avvertiamo in noi stessi, se davvero ci ascoltiamo, una sorta di “mutilazione”, nel senso che un modello reazionale inadeguato ci impedisce di essere integralmente presenti con tutte le nostre risorse, si genera tensione emotiva e muscolare (spesso conflittuale, nel senso che muscoli o punti di vista antagonisti si si attivano o si contraggono contemporaneamente) che rende il nostro movimento rigido, dispendioso e poco produttivo, e il capitale di “forza” che viene messo in gioco viene per gran parte disperso o impiegato come resistenza.

Va sottolineato che il tipo di equilibrio e centratura che ricerchiamo nel TaiJi è qualcosa di altamente dinamico e costantemente variabile, un’ oscillazione costante attorno ad un attrattore fondamentale (CENTRO), definibile anche come la nostra “Frequenza Portante” sulla quale viaggia la nostra parte più sana e profonda e intorno alla quale si organizzano la struttura dell’Io, i nostri progetti fondamentali, gli obbiettivi per i quali la vita di ciascuno di noi è stata programmata, ciò che in linguaggio taoista potremmo definire il nostro “Spirito Originale, Yuan Shen”. La capacità di integrare le forze dei contenuti mentali e quelle puramente fisico-biologiche è basata sulla capacità del sistema di oscillare anche ampiamente senza perdere il contatto con il centro.

Coerenza adeguata = elasticità

Coerenza eccessiva = rigidità

 

Se si fa attenzione alla risposta somatica che accompagna, o meglio precede, ciò che chiamiamo emozione apparirà chiaro che quanto detto sopra avviene esattamente nello stesso modo anche nelle relazioni che , in apparenza, sono puramente verbali, come le nostre ordinarie relazioni interpersonali quotidiane e, a maggior ragione, quelle terapeutiche.

“Per quanto il nostro partner nel tui shou possa essere duro e irremovibile, la nostra incapacità a gestire la sua forza in modo morbido indica che noi siamo bloccati. Il senso del tui shou sta proprio nell’esplorare e a poco a poco dissolvere questa rigidità. Il gioco che dovremmo realmente giocare è con noi stessi; ci troviamo faccia a faccia con l’espressione fisica dei problemi dai quali ci nascondiamo nella nostra vita. In questo confronto con sé vi è la possibilità di progredire. Ringraziamo il nostro partner che ci dà questa opportunità….”

(Wolfe Loewenthal “There are no secrets”)

Ting JIn, ascoltare…. Dove e come?

I Cinque Sensi Esterni (Vista, Udito, Odorato, Tatto, Gusto) sono destinati a consentirci un’efficiente relazione con il modo che ci circonda, ma sono del tutto inadeguati a permettere un’esperienza completa del mondo interno pur potendone fornire, entro certi limiti, un’approssimativa descrizione, e non consentono lo sviluppo esperienziale dell’unità dinamica mente-corpo, che è quello che ci interessa se vogliamo fare del Tai Ji Quan uno strumento di evoluzione personale.

Se vogliamo ristrutturare i nostri modelli reazionali psico-fisiologici dobbiamo necessariamente avvicinare la nostra coscienza ai “luoghi” dove essi sono memorizzati e da cui si attivano: le strutture cerebrali deputate all’interazione con il mondo esterno funzionano in modo diverso e impiegando neuromediatori differenti rispetto alle strutture deputate all’interazione con il mondo interno. Inoltre nelle zone profonde e filogeneticamente più antiche dell’encefalo si trovano in stretta contiguità i nuclei del cosiddetto “Sistema reticolare attivatore” che modula lo stato di coscienza, i nuclei generatori delle emozioni, i nuclei che regolano le funzioni viscerali, ed una “mappa somatica di base” che consente l’attivazione di movimenti e comportamenti istintivi e innati in relazione agli stati emozionali che si generano nel sistema.

Lo Stato di Coscienza TaiJi

“Non ho spada, il sonno della mente (Mu Shin) è la mia spada” (Bushido)

 

Questa nota formulazione proveniente dalla tradizione giapponese accenna a quel particolare stato in cui un’Intelligenza o Mente più profonda assume il controllo delle nostre azioni, attingendo a un campo informazionale molto più vasto di quello a cui la nostra coscienza superficiale e le nostre reazioni istintive si appoggiano.

La tradizione taoista dice “Quando il cuore dell’uomo muore il cuore del Dao nasce…” , ma prima di arrivare a questo radicale cambio di prospettiva occorre allenare il silenzio della mente superficiale e insieme rieducare le nostre reazioni istintive.

Il modo più diretto di cui disponiamo per dialogare con queste zone profonde è modificare lo stato di coscienza in un modo del tutto simile a quello che si verifica poco prima dell’addormentamento, spostando poi intenzionalmente la nostra attenzione verso le sensazioni interne del corpo generate dai principali sensori della sensibilità propriocettiva (Dolore, Calore, Pressione, Posizionamento articolare, Tono muscolare) e mantenendo, in quella particolare condizione, una lucida consapevolezza. Questa condizione va allenata progressivamente mediante specifici esercizi, finchè diviene semi-naturale.

E’ verosimile che la modulazione cosciente e intenzionale dello stato di coscienza sopra descritta possa consentire una connessione autentica con queste aree profonde, con possibili e molto interessanti conseguenze sul piano terapeutico e su quello dell’evoluzione personale, poiché intenzioni e rappresentazioni mentali generate da quel livello di ascolto tenderanno a produrre su di esso e sulle dinamiche che in esso si generano effetti reali e potenzialmente duraturi, similmente a quanto avviene nella terapia mediante ipnosi che, contrariamente a quello che molti pensano, è sempre un processo intenzionale del paziente, ancorchè guidato dal terapeuta.

 

Potremmo forse dire che nel TaiJi Quan è il praticante che, in piena libertà, “ipnotizza e guarisce se stesso”  dai propri condizionamenti inconsci, ed è questa una possibile interpretazione di quel passo dei Classici dal Tai Ji dove si dice “Usa la Mente, non usare la Forza” (Yong Yi bu yong Li)

Come si fa?

Ecco una semplice sequenza pratica che chiunque può sperimentare per cominciare ad avvicinarsi a quanto detto sopra e sentire per esperienza diretta dentro di sé quanto le immagini mentali e gli stati emotivi influenzano la qualità dei nostri movimenti e il nostro equilibrio vitale.

Come si dice nei classici del Taiji l’espressione esterna della forza (Li) è sostenuta dalla qualità dell’energia-informazione (Qi), che a sua volta è modulata dalla qualità della mente-intenzione (Yi):

1-      Fate un semplice e morbido movimento con un braccio, può essere un movimento taiji che siete abituati a fare.

2-      Lasciate ora a riposo il braccio, chiudete gli occhi e concentrate la vostra attenzione sulle sensazioni interne del corpo (formicolio nelle mani, ronzio nella testa, calore, battito cardiaco….ecc.) fino a quando vi sentite un po’ come se foste sul punto di addormentarvi.

3-      Eseguite lo stesso gesto ascoltandolo dall’interno e notate la differenza rispetto a prima.

4-       Ora lasciate il braccio a riposo e rievocate dalla vostra memoria un episodio piacevole, qualcosa che vi ha fatto sentire molto bene, e lasciate emergere tutte le sensazioni fisiche ed emozionali che riguardano questo episodio. Ora lasciate scivolare via il ricordo mantenendo vive le sensazioni e riprovate il vostro gesto mentre siete sintonizzati su di esse, e ancora una volta notate come si modifica la qualità del gesto.

5-      Lasciate il braccio a riposo, lasciate defluire via l’esperienza appena fatta rimanendo sintonizzati sull’ascolto delle sensazioni interne del corpo in una condizione emotiva “neutra”.

6-      Evocate ora un episodio decisamente spiacevole, non troppo traumatico, ma che vi abbia causato un forte disagio, e ascoltatene la risonanza fisica ed emozionale nel vostro corpo, dove e come questa evocazione sta disturbando il vostro equilibrio, e mentre ascoltate queste sensazioni provate ancora una volta a fare il vostro gesto, notando se e come questo viene influenzato da ciò che sentite nel vostro corpo.

7-      Ora lasciate defluire via anche questa esperienza, lasciate il braccio a riposo e tornate nuovamente all’evocazione piacevole lasciando che corpo e mente entrino pienamente in risonanza con il ricordo piacevole.

8-      Lasciate defluire il ricordo mantenendo vive le sensazioni nel vostro corpo, in modo da concludere la sequenza in una condizione decisamente positiva e gradevole, dopo di che, delicatamente e progressivamente, potete “risvegliarvi” alle sensazioni esterne e riaprire gli occhi

Ting Jin, il Cuore che ascolta

Ascoltare è la prima e probabilmente più fondamentale componente di ogni psicoterapia e di ogni relazione umana; forse perché l’essere autenticamente ascoltati, dall’età neonatale a quella adulta, è la condizione che più di ogni altra ci fa sentire di esistere e di aver un valore. Se questo è vero possiamo immaginare quanto possiamo aiutarci reciprocamente “mettendoci le mani addosso” nel tui shou, se solo ci sintonizziamo prima di tutto sull’ascolto anziché sul vincere, perdere o dimostrare alcunchè.

L’antico ideogramma “Ting” (Ascoltare) mostra la “Rettitudine del Cuore” (“De”, lo stesso segno che troviamo in “Dao De Jing”) accanto al’Orecchio; Cuore nel pensiero taoista è radice e alloggio della vita psichica e della nostra “forma” o Spirito originale (Shen). Il significato che ne traspare è “ascoltare con la rettitudine del cuore” e anche lasciare “che il cuore sia rettamente modificato da ciò che ascolta”.

“Jin” significa forza, vigore, in particolare quel tipo di forza che nasce dall’attivazione integrata di tutto il corpo-mente, pertanto “Ting Jin” implica una componente attiva, un andare verso l’altro per ascoltare e misurare le forze che vengono messe in gioco attraverso l’unico strumento attendibile di cui disponiamo, che sono le modificazioni interne del nostro corpo.

Ecco dunque che possiamo cominciare a  immaginare un ascoltare noi stessi dal e nel profondo del cuore e da lì ascoltare l’altro creando una Connessione autentica e consapevole che unisce le due persone in un unico sistema dinamico che consente il passaggio e l’integrazione di forze fisiche e psichiche attraverso il sistema stesso.

 

Ma allora chi vince?

In una buona terapia sia il cliente che il terapeuta imparano e guadagnano qualcosa e così dovrebbe essere nel Tui Shou; spetta a chi in quel momento ha realizzato in se stesso la migliore condizione di presenza mentale e di ascolto dirigere la dinamica del sistema usando un’Intenzione forte e una forza minima (le famose “Quattro once che deviano mille libbre”) in modo che il partner si sposti, grazie alla sua stessa forza e direzione di moto, verso una condizione più evoluta.

Marco Venanzi (relazione tenuta al convegno “Pianeta Tai Ji”, Firenze, 20 maggio 2013)

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Moshe Feldenkrais “Il corpo e il comportamento maturo” Ed. Astrolabio

 

Martin Buber “Il cammino dell’uomo” Ed. Qiquajon, comunità di Bose

 

Julian Jaynes “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” Ed. Adelphi

 

Mark Solms & Oliver Turnbull  “Il cervello e il mondo interno” Ed. Raffaello Cortina

 

Vittorio Grecchi “Psicoterapia e neuroscienze”  Ed. Guerini e associati

 

Daniel J. Siegel “La mente relazionale” Ed. Raffaello Cortina

Wolfe Lowenthal “There are no secrets, Professor Cheng Man-ch’ing and his Tai Chi Chuan” North Atlantic books

 Marco Venanzi & Tiziano Grandi “Fondamenti di Tai Chi Chuan”  Ed. :Luni

 

Marco Venanzi e Nicla Vozzella “Risvegliarsi con l’Ipnosi” Ed. RED

 

 

Per maggiori informazioni sugli esercizi relazionali del Tai Ji Quan (“Tui Shou”, mani che

spingono) e sulla modificazione attiva dello stato di coscienza si vedano gli articoli del Dott. Marco Venanzi pubblicati sul sito www.ildragochenuota.com.

 

 

 

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